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ESTEROVESTIZIONE Dénoncé TVA demande illégale
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Denunciata
l’illegittimità comunitaria
degli studi di settore ai fini IVA
La Commissione per l’esame della compatibilità comunitaria di leggi e prassi fiscali italiane
dell’AIDC ha presentato denuncia alla Commissione UE di illegittimità comunitaria degli
accertamenti IVA fondati sugli studi di settore. L’appartenenza degli studi di settore agli
«accertamenti standardizzati» evidenzia il contrasto con il principio di soggettività dei
ricavi imponibili ai fini IVA, che non possono essere che quelli effettivi. Né può ritenersi
che i risultati statistici possano essere trasformati in risultati personali ed effettivi a seguito del
contraddittorio tra Fisco et contribuable, caratterizzato da un «fisiologico» squilibrio
tra funzionario, forte di una presunzione semplice, et le contribuable, su cui grava l’onere
de, spesso difficoltosa, contrairement prova.
di Joseph Holzmiller
Joseph Holzmiller - Presidente Commissione per l’esame della
compatibilità comunitaria di leggi e prassi fiscali italiane (AIDC)
1778 Corriere Tributario 22/2011
IVA
standardizzati pone subito in
evidenza il contrasto con il
consolidato principio di soggettività
dei ricavi imponibili
ai fini IVA, i quali non possono
essere che quelli «effettivi
», fatte salve solo le eccezionali
attribuzioni di valori
differenti previsti dalla direttiva
2006/112/CE del 28 novembre
2006 (valore normale
ex art. 80 della stessa direttiva).
In tal senso, fra le sentenze
della Corte di giustizia richiamate
in denuncia, valga
ricordare qui quelle del 20
Janvier 2005, causa C-412/03, «Hotel Scandic»
(1) e del 29 Mars 2001, causa C-404/99, «Commiss./
Rep. francese» (2) in quanto emblematiche
di un inderogabile orientamento consolidato.
Significato del contraddittorio
Deve riconoscersi che la massima giurisprudenza
ha spinto l’Erario ad abbandonare le precedenti
posizioni di maggiore illegittimità comunitaria sul
valore probatorio degli studi di settore costituite,
dapprima, da un’affermata presunzione legale,
configurata poi quale presunzione relativa e, solo
più recentemente, quale presunzione semplice.
Per tale via la Corte di cassazione ha quindi inteso
qualificare il necessario contraddittorio, fra funzionario
dell’Agenzia delle entrate e contribuente, un
stregua di uno strumento giuridico capace di «personalizzare
» (vale a dire di «soggettivizzare») i risultati
statistici attribuibili allo stesso contribuente
chiamato a giustificare i minori proventi conseguiti.
A sua volta il funzionario dell’Agenzia delle entrate
può respingere o accogliere, in tutto o in parte,
dette giustificazioni, meglio se addirittura in accordo
con il contribuente anche in via forfetaria
e/o transattiva, cosa questa che, ancora una volta,
tradisce ulteriormente il principio di soggettività
dei ricavi.
Risulta dunque chiaro che l’Agenzia delle entrate
e la Corte di cassazione «caricano» il contraddittorio
di una funzione di «effettività» dei ricavi che,
invece, esso non possiede risolvendosi in un rimedio
solo fittizio ed apparente.
Insufficienza
del contraddittorio
A comprova dell’inidoneità
del contraddittorio a «trasformare
» i risultati statistici
(études sur le terrain) in risultati
personali ed effettivi sono
stati anche posti in risalto altri
aspetti di un «fisiologico»
squilibrio esistente nel confronto
fra funzionario, forte
di una presunzione semplice,
da una parte, et le contribuable,
su cui grava l’improbo onere
della prova contraria, dall’altra
parte.
A riprova dell’insanabilità di
detto squilibrio sono state evidenziate le seguenti
realtà:
un) assoluta impossibilità di contestare i risultati
degli studi di settore in quanto determinati da elaborazioni
statistico-matematiche talmente complesse
e sofisticate da risultare non verificabili né
dai contribuenti interessati né dai loro anche più
esperti difensori;
b) utilizzo di regole illogiche e di determinazioni
soggettive nelle elaborazioni statistiche degli studi
di settore. Valga ricordare qui anche solo l’esclusione
delle imprese in perdita dal campione rappresentativo
il quale costituisce un «non senso»
persino sul piano statistico;
c) ininfluenza delle posizioni soggettive dell’imprenditore
che, invece, incidono normalmente sull’andamento
della gestione.
Valga ricordare anche solo il grado di predisposizione
attitudinale e della capacità intellettiva ed
intuitiva dell’imprenditore, la sua formazione tecnica
e commerciale per non ripetere qui altre posizioni
soggettive sicuramente influenti sui risultati
economici dell’impresa.
Malgrado le limitazioni appena riferite il contribuente
è obbligato a confrontarsi con i risultati degli
études sur le terrain, apoditticamente attribuibili alla
sua specifica posizione; per contro egli può solo
dimostrare la loro inapplicabilità nel suo caso con-
Note:
(1) In GT – Riv. giur. trib. n. 4/2005, pag. 309, con commento di R.
Fanelli, e in Banca Dati BIG, IPSOA.
(2) In Banca Dati BIG, IPSOA.
Insufficienza del contraddittorio
Nel necessario contraddittorio tra
funzionario e contribuente per
accertamenti da studi di settore il
contribuente è nell’assoluta
impossibilità di contestare i risultati
degli studi in quanto determinati da
elaborazioni statistico-matematiche
tanto complesse e sofisticate da
risultare sostanzialmente pas
verificabili ed avulse da qualsiasi
influenza delle posizioni soggettive
dell’imprenditore che, invece,
incidono normalmente sull’andamento
della gestione.
IL PROBLEMA APERTO
Corriere Tributario 22/2011 1779
IVA
creto per essere egli stesso,
ovvero la sua impresa, colpiti
da taluna delle eccezionali situazioni
di carenza restrittivamente
riconosciute dall’Agenzia
recettes, quali
una eventuale malattia significativa,
una calamità dell’impresa
e simili.
Sembra dunque pacifico che,
in buona sostanza, le risultanze
da studi di settore costituiscano
postulati di proventi e
redditi imponibili comunque
predeterminabili sulla base
dei soli fattori produttivi pur nell’ignoranza completa
del valore imprenditoriale e di tutte le altre
variabili proprie di qualsiasi fattispecie d’impresa.
Il tutto con buona pace dell’effettività dei ricavi e
proventi, attesa anche l’impossibilità, per il contribuente,
di far valere le risultanze della propria
contabilità ancorché questa non sia mai risultata
contestata.
Infine, l’ulteriore allontanamento dalla necessaria
soggettività dei ricavi si verifica quando il contribuente
viene indotto ad adeguare spontaneamente i
propri ricavi a livelli comunque scollegati dai suoi
risultati effettivi ovvero quando lo stesso contribuente,
conscio delle sue limitazioni probatorie in
commento, non abbia partecipato al contradditorio
dando luogo all’attribuzione automatica dei ricavi
da studi di settore ancorché non altrimenti provati.
Aspetti di analogia con il condono IVA
Un altro elemento posto a fondamento della denuncia
in commento è costituito dall’analogia (ben
dettagliata nell’aggregato II/B, n. 1) esistente fra il
condono «semplice» IVA (dichiarato illegittimo
dalla Corte di giustizia, Grande Sezione, con sentenza
17 Juillet 2008, causa C-132/06, «Commissione
UE/Italia») (3) ed l’«adeguamento spontaneo
» mediante il quale, versando una maggiorazione
de 3% di detto adeguamento, le contribuable
può godere della franchigia prevista dall’art. 10-
ter droit 8 Mai 1998, n. 146.
Illegittimità dell’inversione
dell’onere della prova
La denuncia evidenzia anche come il già spiegato
squilibrio a danno del contribuente
in sede di contraddittorio
renda assai difficoltosa
la prova contraria posta a suo
carico, sì da tradurre la sostanziale
inversione dell’onere
della prova in una vera e
propria presunzione di «colpevolezza
» con un onere «ad
handicap» per lo stesso contribuente,
presunto «colpevole
».
La denuncia richiama, al riguardo,
le pronunce della
Corte di giustizia del 9 Décembre
2003, causa C-129/00, «Commissione
UE/Repubblica italiana» (4) e del 9 Juillet 2009,
causa C-397/07, «Commissione UE/Regno di Spagna
», laddove viene dichiarata illegittima l’inversione
dell’onere della prova quando questa risulti
particolarmente difficile e laddove (p. 29 et 30 de
seconda sentenza citata) viene proibito applicare
il predetto regime in via generalizzata essendo
consentito applicarlo solo in circostanze «specifiche
» che integrino una pratica abusiva o fraudolenta
(come anche già in sentenza Corte di giustizia
UE, 7 Juin 2007, causa C-178/05, «Commissione
UE/Grecia») (4).
Malgrado negli ultimi tempi la generalizzata inversione
dell’onere della prova sembri divenuta
oggetto di un’incomprensibile indulgenza da parte
della Commissione europea, la competente Commissione
denunciante (AIDC) sta valutando egualmente
l’opportunità di estendere la denuncia in
commento, ora formulata ai soli fini IVA, anche ai
fini delle imposte dirette facendo valere, fra altri
pertinenti motivi, anche quello dell’inversione dell’onere
della prova attesa la descritta posizione di
squilibrio sostanziale del contribuente.
E ciò in quanto la finalità della denuncia non è
volta solo all’ottenimento di un intervento risolutore
da parte della Commissione europea nell’ambito
dei suoi compiti di vigilanza sulle norme confliggenti
con il diritto comunitario, ma (la denuncia)
è anche tesa a sorreggere le ragioni dei contri-
Note:
(3) In GT – Riv. giur. trib. n. 11/2008, pag. 937, con commento di G.
Tinelli, e in Banca Dati BIG, IPSOA.
(4) In Banca Dati BIG, IPSOA.
Analogia con il condono IVA
Un elemento posto a fondamento della
denuncia di illegittimità comunitaria
degli accertamenti IVA fondati sugli
studi di settore è costituito
dall’analogia fra il condono
«semplice» IVA, dichiarato illicite
dalla Corte di giustizia, et
l’«adeguamento spontaneo»
mediante il quale, versando una
maggiorazione de 3%, le contribuable
può godere della franchigia prevista
dalla normativa sugli studi di settore.
IL PROBLEMA APERTO
1780 Corriere Tributario 22/2011
IVA
buenti ingiustamente colpiti da accertamenti fondati
sugli studi di settore mediante la produzione
di loro idonei ricorsi nei quali poter fare, fin d’ora,
riferimento alla denuncia medesima se non addirittura
farne oggetto di relativa allegazione.
È personale pensiero di chi scrive che, malgrado la
Commissione europea resti istituzionalmente investita
di un importante compito di vigilanza sugli
Stati membri, essa riveste anche un fondamentale
ruolo «politico» quale Organo esecutivo dell’Unione
europea volto, fra l’altro, al mantenimento
dei necessari equilibri con gli stessi Stati; equilibri
questi che, talvolta, appaiono non del tutto
ininfluenti sul grado di rigore con cui vengono apprezzati
i denunciati conflitti normativi e di prassi
in tema fiscale.
Da qui la ritenuta opportunità di coinvolgere, con
idonei ricorsi, anche i giudici tributari nazionali
(in primo luogo Commissione tributaria provinciale
e Commissione tributaria regionale) che sono i
primi Giudici «naturali» della UE e, in quanto tali,
garanti del primato del diritto comunitario nonché
deputati – in caso di loro dubbi al riguardo – a ricorrere
pregiudizialmente alla Corte di giustizia
UE, sicuramente più impermeabile ad incidenze
diverse da quelle prettamente giuridiche.